
Le immagini, nella pittura di Timoncini, non hanno una traduzione diretta, di ordine naturalistico o veristico, ma si costituiscono sulla misura mentale di una controllata immaginativa, la quale non ha cedimenti altro che per talune umorali densità atmosferiche, che sono tipiche del nord, ma non immutabili. La sua pittura canta, in una gamma ristretta, nenie misteriose di terre livide, di cieli acquosi, di pesanti ed irreparabili solitudini, ed il tono rimane basso, profondo, anche quando, l’accenno degli azzurri potrebbe tendere ad innalzare il canto ed i grigi alleggerirne le densità dolenti.
Marcello Azzolini